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Problemi della condivisione dati in finanza | Finance data sharing problems


Autore
Andrea Provino
Data
Tempo di lettura
5 minuti
Categoria
Business

condivisione-dati-finance-fintech-problems-machine-learning-for-finance-data-science-deep-learning

In finanza, esistono oggi diverse istituzioni con obiettivi concorrenti che circondano l’uso dei dati, e che le muovono in direzioni differenti quando si tratta di sovraintendere lo stazionamento, la gestione e la condivisione dei dati.

Penso sia il periodo grammaticale più complesso che abbia mai scritto.

Veniamo a noi.

Esistono delle tensioni che riguardano la condivisione dati nel finance.

Queste tensioni, storicamente, sono esistite attraverso 3 diversi domini:

  • Istituzioni
  • Regolatori
  • Clienti

Scopriamo allora quali siano i vantaggi e gli svantaggi della condivisione e, con un occhio sul futuro, come potremmo modificare le dinamiche di scambio dati tra più domini e istituzioni.

Siamo in viaggio da un giorno ormai, e nelle ore precedenti abbiamo scoperto il motivo che ci ha spinto a salpare: intendiamo scoprire Il legame tra Privacy Dati AI nel settore finanziario.

Niente indugi.

Vele ammainate per cogliere la sottile brezza di ponente, dritti verso l’orizzonte!

Benefici della condivisione dati

Le istituzioni finanziarie possono trarre vantaggio dalla condivisione dati in almeno 3 forme:

  • Inbound data-sharing, condivisione dati in entrata acquisendoli da terze parti
  • Outbound data-sharing, condivisione dati in uscita inviandoli a terze parti
  • Collaborative data-sharing, condivisione dati in entrata e uscita di simile forme dati.

Vediamoli nel dettaglio.

Inbound data-sharing

La condivisione dei dati in entrata consente alle istituzioni di perfezionare i propri sistemi di decision-making.

La disponibilità di informazioni aggiuntive si rivela quindi cruciale per prendere decisioni strategiche.

Il risultato ultimo è di più alta qualità, e conduce a operazioni maggiormente accurate.

Un esempio?

Le trading firms possono includere dati di terze parti, provenienti ad esempio da social network, per migliorare l’efficacia dei sentiment model e fornire più precisi dati sull’interesse generale all’acquisto o alla vendita di strumenti finanziari.

Outbound data-sharing

L’applicazione più sensata e comune alla condivisione dati in uscita da un’istituzione finanziaria è legata all’interesse di voler offrire ai propri clienti servizi sviluppati da terze parti e comunque non disponibili internamente.

Collaborative data-sharing

Per concludere, la reciproca condivisione dei dati consente alle istituzioni di assemblare una banca dati di dimensioni tali da poter generare insights che altrimenti non avrebbero mai potuto trovare.

A tintolo di esempio, una collaborazzione.

Sei Nordic banks hanno fondato un’azienda in joint venture per lanciare servizi di Know-Your-Customer (KYC) sul mercato.

Tutto questo è stato possibile proprio grazie alla messa in compartecipazione dei dati raccolti negli anni.

Non finisce qui.

Consideriamo per un momento gli altri giocatori in campo.

Per i regolatori, la condivisione dati rappresenta un’efficace opportunità per restituire il controllo dei dati ai proprietari, i clienti. Si aprono così nuovi scenari competitivi, e si stimola l’innovazione.

A testimonianza di ciò, una moltitudine di standard bancari si stanno susseguendo:

  • Open Banking Standard (UK)
  • PSD2 (EU)
  • Consumer Data Right (AU)
  • Open API regulations (Singapore, Hong Kong, Giappone)

Ciascuna di queste regolamentazioni richiede alle istituzioni di fornire i dati finanziari su richiesta dei propri clienti per mezzo di terze parti accreditate.

Ci sono però delle problematiche.

Altre regolamentazioni impediscono infatti la condivisione di Personally Identifying Information (PII) attraverso i confini nazionali.

Queste misure, varate per proteggere la privacy dei cittadini, ostacolano tuttavia l’operato delle multinazionali, che non possono così analizzare i propri dati interni attraverso l’organizzazione.

Ricordiamoci infatti che non tutte sono intente a venderle a terze parti per lucrarci.

O meglio, ci lucrano lo stesso, ma non hanno bisogno di vendere i dati.

Più o meno.

Tralasciamo questo disperato tentativo di difendere le multinazionali, e passiamo ad analizzare gli svantaggi della condivisione dati nel settore finanziario.

Potenziali svantaggi della condivisione dati

Devi sapere una cosa.

Esistono diversi fattori che inibiscono lo scambio dati nel finance.

Per ogni istituzione finanziaria la condivisione dati esterna costituisce un potenziale rischio di esposizione di proprietà intellettuale (IP), informazioni che contribuiscono a determinare il suo vantaggio competitivo.

Queste informazioni, come ad esempio le identità dei clienti e le loro caratteristiche, potrebbero essere abusate da terze parti.

Inoltre, non è neppure detto che sia ammesso tale scambio di dati.

Spesso infatti l’essere conformi alle regolamentazioni come il GDPR introduce una complessità che non giustifica il beneficio potenziale.

Infine, lascia che ti sveli un problema più astratto ma pur sempre presente.

La paura.

Molti executives di grandi istituzioni finanziarie temono che l’accoppiata di AI e tecniche analitiche avanzate possano portare a conoscere troppe informazioni sui clienti, al punto di spaventarli.

Quello che pare a prima vista assurdo è in realtà un fenomeno sempre più comune: la paura che la nostra privacy sia violata.

A proteggere questo delicato confine, ci sono loro: i regolatori.

I regolatori hanno l’importante responsabilità di garantire protezione ai dati finanziari, e non, dei consumatori.

La limitazione delle attività di condivisione dati è stata storicamente la loro arma migliore.

Banalmente, se non puoi inviare dati non c’è rischio che qualcuno ne abusi.

Però capiamoci.

Posso capire fino a un certo punto la paura, ma oggi esistono tecnologie che ci permettono di effettuare questo genere di operazioni in totale sicurezza.

Vediamo allora cosa ci riserva il futuro.

Il futuro: come cambiano le dinamiche di condivisione dati?

Le Privacy Enhancing Technologies (PETs) non hanno bisogno di presentazioni su questo blog.

Noi però, veri lupi di mare, le introduciamo lo stesso.

Si tratta di tecnologie che, facenti uso di matematica, statistica e crittografia, sono in grado di permettere operazioni su dati confidenziali, garantendo la privacy dei dati elaborati.

Possono cambiare il mercato, perché risultano vantaggiosi per tutte le parti in gioco.

Istituzioni, regolatori e clienti finali.

Funzionano perché permettono di raggiungere l’equilibrio necessario tra conformità normativa da un lato e opportunità competitive dall’altro.

Le PETs sono conformi alle leggi internazionali, proteggono la privacy dei clienti e salvaguardano la confidenzialità dei business processes.

Stiamo parlando, in definitiva, di nuovi sistemi per generare valore dai dati a beneficio di tutti.

Conclusione

Per concludere, ho pensato allora potesse essere comodo riassumere i benefici e gli svantaggi della condivisione dati tra questi domini:

DominioVantaggiSvantaggi
Istituzione– Migliorare processi di decision-making
– Attingere a servizi di terze parti
– Estendere la propria banca dati
– Esposizione di vantaggi competitivi
– Scontrarsi con le regolamentazioni internazionali
– Spaventare i clienti con una “conoscenza troppo estesa”
Regolatore– Supportare l’innovazione e la competizione di mercato
– Fornire un controllo sistemico efficace
– Violazione della privacy dei clienti
Cliente Finale– Disponibilità di prodotti e servizi di alta qualità
– Disponibilità di prodotti e servizi di più alta efficienza
– Abuso dei dati personali
– Trapelamento dati sensibili

source

Per il momento è tutto.

Per aspera, ad astra.

Un caldo abbraccio, Andrea

Taggedbusinessfinance-fintechprivacyprivacy preserving machine learning


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